Anche l’avvocato presto soggetto alla Legge sul riciclaggio di denaro?

Lo scorso 1° giugno il Consiglio Federale ha aperto una nuova procedura di consultazione al fine di apportare un’ennesima modifica alla Legge federale sul riciclaggio di denaro (LRD).

Ultimo bersaglio delle autorità, «i consulenti», ovvero avvocati, notai, fiduciari o ancora contabili che forniscano prestazioni legate in particolare alla creazione, gestione o amministrazione di società e di trust. Secondo l’avamprogetto, tali persone saranno ormai soggette alla LRD allo stesso titolo degli intermediari finanziari e dei commercianti, e dovranno tassativamente rispettare alcuni obblighi di dovuta diligenza indicati nella LRD.

Concretamente sono contemplate le seguenti attività preparatorie ed effettive fornite a titolo professionale:

  • La creazione, l’amministrazione e la gestione di persone giuridiche e di dispositivi giuridici;
  • L’organizzazione degli apporti legati a tali attività;
  • L’acquisto e la vendita di società;
  • La messa a disposizione di un indirizzo o di locali destinati ad accogliere la sede delle strutture interessate;
  • L’esercizio della funzione di azionista a titolo fiduciario per queste entità («nominee shareholder») o l’assistenza nell’esercizio di tale funzione.

Si ricorda che attualmente tali attività sono soggette alla LRD solo quando valori patrimoniali di proprietà di terzi vengono accettati o custoditi in deposito, oppure se viene fornito un aiuto per investirli o trasferirli. Vale la stessa regola in caso di una società di domicilio che eserciti un’attività di organo societario. Invece la semplice consulenza che non generi flussi finanziari non è soggetta alla LRD. L’avamprogetto, riprendendo le raccomandazioni in merito emesse dal Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI), instaura una vera novità nel diritto svizzero, in particolare per gli avvocati, la cui attività fino ad oggi era suddivisa esclusivamente in attività tradizionale (consulenza, difesa processuale, ecc.) e non tradizionale (trustee, gestore di patrimonio, ecc.).

Anche la creazione di una bozza di struttura ricadrà nel campo di applicazione della LRD.

Sono quindi coinvolti i trust e tutte le società offshore (operative o no) e le società di domicilio svizzere (la cui differenza con le società commerciali consiste nel fatto che il loro unico scopo è la detenzione e l’amministrazione di valori patrimoniali). Le società operative svizzere saranno escluse, dal momento che il consiglio federale ha ritenuto che solo le società straniere presentino rischi, vista l’esistenza di meccanismi di tutela nella costituzione delle persone giuridiche in Svizzera (conti di deposito, costituzione dinanzi a un notaio, rapporto di fondazione, ecc.).

Gli obblighi di diligenza previsti per «i consulenti» saranno globalmente gli stessi di quelli che incombono attualmente ai commercianti. Essi includeranno gli obblighi di verificare l’identità della controparte, di identificare l’avente economicamente diritto e di allestire e conservare documenti oltre a chiarire le circostanze e lo scopo della transazione commerciale. Gli avvocati dovranno quindi prendere delle misure organizzative appropriate.

In futuro, l'avvocato dovrà essere più vigilante.

Tuttavia, in caso di sospetto riciclaggio di denaro o di finanziamento di terrorismo, o se l’avvocato non sarà in grado di soddisfare i suoi obblighi di diligenza, dovrà solo rifiutare la relazione d’affari o mettervi termine. In particolare, l’avvocato non sarà tenuto ad informare l’Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro (MROS). Questo esonero è dovuto al fatto che le attività in questione non generano flussi finanziari (uno degli obiettivi dell’obbligo di comunicazione è appunto perseguire e confiscare i valori patrimoniali di origine criminale) e che conviene non intaccare la relazione di fiducia tra l’avvocato e il cliente (il segreto professionale).

Secondo il Consiglio federale l’efficacia del sistema sarà assicurata dal controllo di un’azienda di revisione (l’idea di assoggettare i consulenti a un ente di auto-regolazione come nel caso degli intermediari finanziari non è stata accettata). Essa dovrà denunciare al Dipartimento federale delle finanze (DFF) l’avvocato sospettato di aver infranto gli obblighi di diligenza che gli sono propri. Il consulente riceverà allora una multa fino a 500.000 CHF in caso di comportamento intenzionale, e fino a 150.000 se ha agito per negligenza.

Si noti anche che il Consiglio federale ha rinunciato ad instaurare degli obblighi di diligenza per le prestazioni di consulenza riguardanti l’acquisto o la vendita di beni immobili, ritenendo soddisfacente il sistema attuale (intervento delle banche, del notaio, ecc.).

Oltre ai problemi generati dal rischio di una perdita di fiducia tra l’avvocato e il cliente e alle questioni etiche (è forse più etico che un avvocato prepari una strategia di difesa per un cliente accusato di riciclaggio di denaro per evitargli la prigione permettendogli di continuare impunemente le sue pratiche?), questo nuovo progetto solleva difficoltà di ordine pratico.

Infatti, nella misura in cui l’avvocato interviene all’inizio del processo di costituzione dell’entità o del trust, o addirittura allo stadio della semplice riflessione, come potrà ragionevolmente determinare in anticipo se alla fine la struttura realizzata servirà da strumento di riciclaggio di denaro o di finanziamento del terrorismo? Possiamo immaginare la frase velenosa del pubblico ministero che 10 anni più tardi dirà all’avvocato: «avrebbe dovuto sapere che il suo cliente aveva intenzioni poco raccomandabili nel creare la sua nuova società!»

Non c’è dubbio che il rischio di una sanzione penale tratterrà più di un avvocato dal fornire delle consulenze giuridiche in questo ambito, ma è probabilmente proprio questo l’obiettivo del GAFI. In ogni caso, i consulenti che oseranno entrare in questo settore cercheranno con tutti i mezzi di ottenere garanzie da parte dei loro clienti chiedendo loro di firmare certificazioni e clausole liberatorie.

La procedura di consultazione terminerà il prossimo 21 settembre, ma possiamo già scommettere che il dibattito parlamentare sarà molto animato.

I trust entreranno prossimamente a far parte del paesaggio svizzero?

Swiss Trusts: quali sono i problemi?

I trust saranno integrati nella legislazione nazionale Svizzera?

La Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati, seguendo l’esempio dell’analoga Commissione del Consiglio nazionale, ha deciso a fine aprile di depositare una mozione di commissione per incaricare il governo di preparare un progetto per introdurre i trust nella legislazione nazionale svizzera.

Ricordiamo che un trust è un rapporto giuridico che si origina quando, sulla base di un documento di costituzione (il trust deed), il disponente (settlor) trasferisce dei valori patrimoniali determinati a una o più persone (i trustee), le quali hanno l’obbligo di gestirle e di utilizzarle per uno scopo prefissato dal settlor in favore di uno o più terzi (i beneficiari).

Contrariamente all’entusiasmo mostrato da coloro che vedono nel trust un modo di aumentare le attrattive della piazza finanziaria svizzera, dal canto nostro esprimiamo diverse riserve.

Innanzitutto la Svizzera non è un paese basato sulla common law e non lo sarà mai. Anche se nel diritto svizzero esiste la nozione di «fiducie», questa non è assolutamente comparabile al trust, se non altro perché il trust non è un rapporto di natura contrattuale!

Difatti il nostro Codice civile ignora la distinzione tra legal ed equitable ownership. Sarebbe quindi opportuno riformare preventivamente i nostri diritti reali prima di inglobare il concetto di trust nella legislazione nazionale. Tutte le autorità di civil law che si sono prestate a questo gioco non sono mai realmente riuscite a imporre questo tipo di struttura. È vero anche il contrario: la fondazione, istituto caratteristico della civil law, non è mai stata accolta nei paesi anglosassoni.

D’altra parte le trust companies (società fiduciarie) non hanno aspettato l’elaborazione di un diritto dei trust in Svizzera per stabilirsi nel nostro paese. Difatti, la presenza di tanti trustee nel nostro paese si spiega con tre ragioni ben precise:

  • Innanzitutto, fino ad oggi la regolamentazione di questa attività è pressoché inesistente di fronte a giurisdizioni come quella di Singapore o delle isole Cayman, dove una licenza può costare fino a 100.000 dollari USA all’anno. In Svizzera non c’è bisogno di autorizzazioni o di qualifiche particolari per essere trustee e neanche di garanzie finanziarie (assicurazione, fondi propri, ecc.) Le società fiduciarie sono sottoposte unicamente alla regolamentazione sulla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Tuttavia questa dovrebbe cambiare radicalmente con l’entrata in vigore della nuova LSFin/LEFin (legge sui servizi finanziari e sugli istituti finanziari);
  • Inoltre, contrariamente a paesi come il Regno Unito, i trustee non sono sottoposti all’imposta sul reddito e sui beni del trust, il che semplifica notevolmente le cose;
  • Infine, la Svizzera è una piazza finanziaria riconosciuta a livello mondiale in cui i clienti possono depositare e gestire i beni del loro trust (banche, gestori di patrimonio, ecc.) in totale serenità.

In virtù di tutto ciò, è perfettamente lecito avere un trustee situato in Svizzera anche se il trust stesso è sottoposto a una legislazione straniera. Non è l’adozione di una legislazione locale sui trust che attirerà da noi un numero maggiore di strutture di questo tipo.

La Svizzera potrà inoltre offrire al settlor la stessa flessibilità della legislazione delle Bahamas, delle isole Cayman o delle isole Cook, in particolare per quanto riguarda la tutela contro i creditori o dal punto di vista successorio? Difatti è chiaro che se una volta il trust era lo strumento di pianificazione fiscale per eccellenza, oggi si tratta di un vero e proprio strumento successorio e di tutela contro i creditori nell’ambito di attività aperte al rischio (matrimonio compreso). Ma con i meccanismi – rigidi e profondamente radicati nella nostra tradizione giuridica – delle porzioni legittime, della liquidazione dei regimi matrimoniali e della revoca per fallimento, è lecito dubitare che il legislatore svizzero accetterà di creare un’enorme breccia in materia di trust solo per aggiungere attrattive alla nostra piazza finanziaria. È quindi lecito domandarsi a cosa servirà tale regolamentazione.

Per quanto riguarda l’argomento secondo cui una nuova regolamentazione sui trust permetterebbe di offrire al cliente una giurisdizione sperimentata, esso non regge visto che questo istituto esiste in paesi come il Regno Unito, Singapore, la Nuova Zelanda o gli Stati Uniti.

D’altra parte, per quanto riguarda l’ambito fiscale, anche se esiste una circolare della Conferenza Svizzera delle Imposte (CSI) che affronta la questione dell’imposizione dei trust in Svizzera, si deve riconoscere che l’amministrazione fiscale sia federale che cantonale accorda pochissima considerazione a questo istituto poiché, salvo eccezioni, il trust è tuttora considerato trasparente e soggetto all’imposizione nella persona del settlor o dei beneficiari.

Bisogna poi notare che occorreranno moltissimi anni affinché i tribunali elaborino una giurisprudenza esaustiva ed affidabile a questo merito.

Infine sarà necessario riformare il diritto svizzero delle fondazioni, poiché attualmente, oltre alle fondazioni di  pubblica utilità, le fondazioni di famiglia possono servire unicamente al pagamento delle spese di istruzione, di sistemazione e di assistenza a membri della famiglia. Ammettere nella legislazione nazionale solo i trust a scopo benefico non porterebbe nessuna novità degna di nota, visto che il regime attuale delle fondazioni di beneficenza permette di svolgere questo compito in maniera del tutto soddisfacente.

Per tutte queste ragioni pensiamo che a meno di rivoluzionare il diritto dei trust, l’inglobamento di questo istituto nel nostro ordine giuridico rischia di creare soprattutto confusione ed instabilità. Un riconoscimento dei trust stranieri, come avviene attualmente in Svizzera con la ratifica della Convenzione dell’Aia, avvenuta nel 2007, ci sembra sufficiente.

Verso la soppressione delle azioni al portatore in Svizzera

Mercoledì 17 gennaio il Consiglio federale ha aperto una consultazione che durerà fino al 24 aprile 2018 al fine di sopprimere le azioni al portatore delle società anonime svizzere non quotate in borsa. Se un progetto di questo tipo dovesse entrare in vigore (verrà discusso in Parlamento nell’autunno 2018), le azioni al portatore esistenti verrebbero convertite per legge in azioni nominative. Le società sarebbero tenute ad adattare i propri statuti entro un termine massimo di due anni dopo l’entrata in vigore della nuova normativa.

Inoltre, se il progetto verrà approvato, le società terranno una lista degli aventi economicamente diritto delle azioni delle società (cognome, nome e indirizzo). Qualsiasi infrazione di notifica da parte dell’azionista o nella tenuta del registro da parte della società sarà oggetto di sanzioni penali (novità). Un azionista, un creditore o l’ufficiale del registro del commercio potrà inoltre rivolgersi al giudice affinché tale lacuna dell’organizzazione della società venga colmata.

La soppressione delle azioni al portatore rappresenterà, se verrà accettata, una piccola rivoluzione in Svizzera. Il nostro paese si conformerebbe ad altre piazze finanziarie come il Regno Unito, Singapore, Hong Kong o gli Stati Uniti. Tuttavia non bisogna ingannarsi: questo cambiamento non risulta da una volontà interna della Svizzera, ma dalla pressione internazionale esercitata dal Forum mondiale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali, il quale sembra considerare ogni essere umano un criminale potenziale. La Svizzera intende adattare la sua legislazione al fine di essere giudicata positivamente (evitando quindi di ricevere sanzioni) nel prossimo esame da parte dei Pari che inizierà nel secondo semestre 2018.

Da un punto di vista giuridico, bisogna notare che le nuove disposizioni introdotte il 1° luglio 2015 dalla legge GAFI hanno portato a una notevole convergenza tra le azioni al portatore e le azioni nominative, al punto che le caratteristiche essenziali di queste due categorie di titoli di credito sono quasi identiche dal punto di vista dell’anonimato e del trasferimento. Per cui l’abolizione formale delle azioni al portatore prevista nel progetto non cambierà in modo sostanziale i diritti e gli obblighi degli azionisti.

Difatti, secondo la legislazione in vigore, chiunque acquisisca delle azioni al portatore è tenuto ad annunciare tale acquisizione alla società interessata entro un termine massimo di un mese. L’acquirente deve comunicare il proprio cognome e nome (in caso di persona fisica) o la propria ragione sociale (in caso di persona giuridica) e il proprio indirizzo.

L’identità dell’avente economicamente diritto delle azioni deve inoltre essere comunicata se la partecipazione raggiunge la quota del 25% del capitale azionario o dei diritti di voto in seguito all’acquisizione.

L’acquirente deve identificarsi per mezzo di un documento ufficiale d’identità provvisto di fotografia (passaporto, carta d’identità o patente di guida) oppure di un estratto del registro del commercio. Viene inoltre richiesto un documento che attesti l’acquisizione del titolo.

In caso di omissione e finché questi obblighi non sono adempiuti, l’azionista non può esercitare né i diritti sociali (per esempio il diritto di voto) né quelli patrimoniali (versamento dei dividendi) legati a tali azioni.

Secondo il nuovo progetto, i detentori di azioni al portatore che non si siano identificati presso la società come previsto dalle suddette norme dovranno riparare a tale omissione entro un termine di 18 mesi a partire dall’entrata in vigore della legge affinché venga effettuata la conversione delle azioni. Se le informazioni non verranno comunicate entro questo termine, essi perderanno definitivamente i loro diritti sulle azioni al portatore e queste verranno annullate. Il consiglio di amministrazione emetterà quindi delle azioni proprie della società per sostituirle. Queste saranno liberate per mezzo dei conferimenti acquisiti dalla società in seguito all’annullamento. Successivamente la società potrà disporre liberamente delle nuove azioni (vendita, distribuzione agli azionisti, annullamento e riduzione del capitale azionario, conservazione, ecc.).

Il progetto prevede inoltre che le società anonime (ma anche le imprese individuali, le società di persone, le altre persone giuridiche e le succursali) siano tenute a disporre di un conto bancario in Svizzera se esse raggiungono un fatturato di almeno 100.000 franchi nel corso dell’ultimo esercizio. Lo scopo è costringere le società a ricadere sotto la legislazione svizzera contro il riciclaggio di denaro, dal momento che le banche sono tenute a verificare l’identità della controparte e dell’avente economicamente diritto.

Oltre che dalle autorità, i registri delle società (registro degli azionisti e degli aventi economicamente diritto) potranno essere consultati dagli intermediari finanziari al fine di ottemperare ai loro obblighi legali. Attualmente l’idea di creare un registro centrale elettronico dei proprietari di azioni nominative non è stata accolta.

Infine i procuratori incaricati di rappresentare le succursali svizzere di società aventi la loro sede principale all’estero dovranno poter accedere alle informazioni relative agli azionisti della sede principale all’estero e agli aventi economicamente diritto, e dovranno poter trasmettere tali informazioni alle autorità e agli intermediari finanziari. Tuttavia, quest’obbligo è solo una semplice prescrizione d’ordine e non è prevista nessuna sanzione, ma l’impossibilità di fornire tutte queste informazioni rischia di spingere gli intermediari finanziari a rifiutare la relazione d’affari.

Come abbiamo notato, questa modifica legislativa non dovrebbe portare grandi cambiamenti in Svizzera sul piano del diritto societario. L’impatto è soprattutto psicologico, visto che il diritto in materia di società anonima risale al 1936! Quindi non possiamo che rammaricarci di fronte a questi continui diktat imposti da organismi sovranazionali. D’altra parte ci si può chiedere se queste misure siano veramente efficaci. Il vero criminale non avrà scrupoli a fabbricare un documento falso e a usare un prestanome come proprietario delle sue azioni. Non sarà certo la minaccia di una multa a dissuaderlo.

In ogni caso, non è mai stato così difficile per la società “anonima” conservare il proprio nome!

Nuovi obblighi di dichiarazione per i valori mobiliari a partire dal 2018.

La Legge federale sulle infrastrutture del mercato finanziario (RS 958.1, LInFi), entrata in vigore all’inizio del 2016, obbligherà a partire dal gennaio 2018 i partecipanti (commercianti di valori mobiliari, partecipanti esteri autorizzati dalla FINMA, ecc.) ammessi a una sede di negoziazione a comunicare tutte le informazioni necessarie alla trasparenza della negoziazione dei valori mobiliari.

Si noti che obblighi simili esistono già o saranno completati (a seconda del tipo di contropartita) per i derivati OTC e ET. Questo argomento non sarà trattato in questa sede.

Le sedi di negoziazione (concretamente le borse (SIX Swiss Exchange, la BX Berne eXchange) e i sistemi multilaterali di negoziazione) dovranno poter sorvegliare in modo esteso la formazione dei corsi e le transazioni effettuate al loro interno per poter reperire lo sfruttamento di informazioni privilegiate, le manipolazioni dei corsi e del mercato nonché altre violazioni di disposizioni legali e normative. In caso di sospettata infrazione verranno informate la FINMA ed eventualmente le altre autorità di perseguimento penale.

I commercianti di valori mobiliari non ammessi ad una sede di negoziazione saranno sottomessi alle medesime regole di trasparenza e di comunicazione (articolo 15 comma 2 della Legge federale sulle borse (LBVM; RS 954.1)).

L’obbligo di dichiarazione si applicherà a tutte le transazioni di un partecipante (acquisto, vendita, ecc.), effettuate per proprio conto o per conto di un cliente, relative a valori mobiliari.

In particolare dovranno essere dichiarati:

    • la designazione e il numero dei valori mobiliari acquistati o venduti;
    • il volume, la data e l’ora della conclusione dell’operazione;
    • il corso;
    • le informazioni necessarie che permettono di identificare il titolare economico (novità!).

La nozione di titolare economico sarà la stessa di quella usata nell’ambito della lotta contro il riciclaggio di denaro.

Tuttavia le persone morali che esercitano un’attività operativa, le fondazioni e gli investimenti collettivi di capitali verranno identificati per mezzo del loro «Legal Entity Identifier» (LEI), normalizzato in ambito internazionale. In assenza del LEI sarà possibile dichiarare il BIC (business identifier code) o il numero del registro di commercio preceduto dal codice del paese. Nel caso di trust sarà necessario dichiarare il trustee.

Per le persone fisiche l’identificazione si farà attraverso la dichiarazione della nazionalità (per mezzo di un codice paese), la data di nascita e un codice confidenziale interno del partecipante. In tal modo il cognome e il nome della persona interessata non verranno comunicati.

Il principale indice del SIX Swiss Exchange è lo SMI (valori mobiliari)

Da notare tuttavia che la procedura non sarà la stessa quando si tratta di operazioni effettuate sul mercato europeo (compreso il caso delle persone residenti in Svizzera). Difatti MiFID II/MiFIR impone che le cinque prime lettere del nome e del cognome siano comunicate alle autorità (codice CONCAT). Tuttavia una dichiarazione di cifre come quelle del numero di passaporto, del numero identificativo personale o del numero di previdenza sociale è possibile ed è stata adottata da numerosi paesi dell’UE che non usano il codice CONCAT.

Scambio automatico di informazioni e autodenuncia in Svizzera

In una presa di posizione del 13 settembre 2017, l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) ha fatto sapere che non accetterà più le autodenunce inviate a partire dal 30 settembre 2018 relative ad elementi fiscali oggetto di scambio automatico di informazioni.

L’AFC ritiene che i dati fiscali ottenuti attraverso lo scambio automatico di informazioni verranno portati a conoscenza delle autorità al più tardi in tale data e che, di conseguenza, se il contribuente fa la denuncia successivamente a tale data è perché sa che le autorità sono già al corrente della sua situazione fiscale irregolare.

Se lo scambio di informazioni prende inizio dopo il 2017, questa regola si applicherà per analogia a partire dal 30 settembre dell’anno durante il quale lo scambio di dati avrà luogo per la prima volta.

Questa decisione non riguarda gli altri casi; il termine ultimo per effettuare un’autodenuncia è quindi indeterminato (per esempio, nel caso di autodenuncia di un contribuente residente in Svizzera e titolare di un conto bancario nel paese. Difatti lo scambio automatico di informazioni fiscali non si effettua a livello interno).

Ricordiamo che la procedura di autodenuncia permette al contribuente che abbia omesso di dichiarare alcuni elementi relativi ai propri redditi o ai propri beni di correggere la propria situazione fiscale senza multe né procedimento penale (ma verranno applicati interessi di ritardo). Questa procedura si applica inoltre agli eredi e riguarda sia le imposte cantonali e comunali che l’imposta federale diretta.

Le seguenti condizioni devono essere soddisfatte:

  • La dichiarazione deve essere spontanea ed effettuata per la prima volta;
  • Nessuna autorità fiscale era a conoscenza della sottrazione;
  • Il contribuente offre al fisco piena collaborazione per la determinazione dell’importo del ricupero d’imposta;
  • Il contribuente si adopera seriamente per pagare l’imposta dovuta.

Il riepilogo degli elementi sottratti è stabilito sugli ultimi 10 anni (per esempio se la dichiarazione interviene nel 2017, il ricupero d’imposta riguarderà i periodi fiscali dal 2007 al 2016).

Quando si tratta di eredi (che possono agire indipendentemente gli uni dagli altri), il ricupero d’imposta è calcolato solo sui tre periodi fiscali che precedono l’anno del decesso, il che rende la procedura molto vantaggiosa.

Questo ricupero semplificato è escluso in caso di liquidazione d’ufficio della successione o di liquidazione della successione in via fallimentare.

Ad ogni ulteriore autodenuncia la multa è ridotta a un quinto dell’imposta sottratta a condizione che siano soddisfatte le suddette condizioni.

Qualora l’AFC scoprisse una sottrazione di imposta non segnalata con autodenuncia, il contribuente rischia:

  • un supplemento di imposta sui 10 ultimi anni maggiorato da interessi di mora,
  • una multa che può variare da 1/3 a 3 volte l’importo sottratto,
  • un procedimento penale.

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CROCE & Associés SA assiste i privati nelle procedure di regolarizzazione fiscale. La pratica fa l’oggetto di studio preliminare in collaborazione con i diversi interlocutori (banche, fiduciarie, notai, ecc…). Un preventivo dei costi legati alla dichiarazione spontanea è presentata al cliente in modo che questi possa prendere la sua decisione.

The corporate tax reform in the canton of Vaud will be effective in 2019.

Switzerland: The government of the canton of Vaud has just announced that the corporate tax reform (“CTR III“) will enter into force on the 1st of January 2019, without waiting for the federal tax project to be adopted (“Tax Proposal 17“).

So, from 2019, the total effective rate of tax on profits (Confederation, canton and municipality) for legal entities domiciled in Vaud will be 13.79% (compared to the current rate of 22.3%).

In addition, a single rate of tax on capital will be adopted, at 0.6‰ (0.06%) (Tax on profits will continue to be credited against tax on capital).

These changes will place the canton of Vaud among the most fiscally attractive places in the world for companies (ahead of Hong Kong, Singapore, London etc.) without being considered a tax haven.

In addition to changes to tax rates, other measure are planned, firstly to compensate for the reduction in tax revenues (CHF128 million annually), and secondly to sustain jobs and maintain families’ living standards.

So, Vaud canton intends to increase family allowances, reduce health charges and boost government funding for childcare. In addition, the canton plans measures to reduce rental value of the real estate properties.

Almost two-thirds of the cost of the corporate tax reform will be met by the private sector, in the form of higher employers’ social contributions.

Le Conseil fédéral décide d’augmenter les contingents de permis de travail pour les extra-européens

Bonne nouvelle ! Le gouvernement suisse a annoncé vendredi dernier qu’il augmentait les contingents de permis de séjour délivrés aux travailleurs extra-européens.

Ainsi, 500 permis supplémentaires seront octroyés l’an prochain, soit 3500 permis B (+500) et 4500 permis L de courte durée.

Ces autorisations seront versées à la réserve fédérale, c’est-à-dire que les cantons, dans l’hypothèse où ils auraient épuisé leurs quotas annuels, pourront demander au Secrétariat d’Etat aux migrations (SEM) des permis supplémentaires. Cette mesure permettra aux autorités fédérales d’adapter avec souplesse et selon la demande, les besoins complémentaires des cantons.

C’est un soulagement pour les cantons de Bâle-Ville, Genève et Zurich, eux qui avaient déjà atteint cette année la totalité de leurs contingents en janvier, février et mars respectivement.

Nous saluons également cette démarche qui permettra de tenir – un peu plus – compte des besoins de l’économie et des entreprises. La nécessité d’une main-d’œuvre qualifiée en provenance d’État tiers n’a jamais été aussi forte dans notre pays.

Pour rappel, les ressortissants de l’Union européenne/AELE ne sont pas soumis à des contingents (sauf exceptions) et disposent d’un droit à séjourner et à travailler en Suisse, en vertu de l’Accord sur la libre circulation des personnes (ALCP). En revanche, les citoyens d’Etats tiers doivent démontrer servir les intérêts économiques de la Suisse et disposer de qualifications professionnelles particulières pour se voir délivrer le précieux sésame. En générale, les permis de travail sont accordés en priorité aux grandes multinationales (lobby oblige), aux personnes actives dans la recherche, les sciences, l’informatique ainsi qu’aux étudiants sortant des hautes écoles (EPF, etc.).

A noter encore que le Conseil fédéral a aussi décidé d’augmenter les contingents pour les prestataires de services provenant de l’Union européenne/AELE et dont la durée de la mission en Suisse dépasse 120 jours par an (ces personnes ne bénéficient pas de l’ALCP et sont soumises à des quotas).

Les limites ont été fixées à 500 permis B (+250) et 3000 permis L (+1000), soit un retour à la situation de 2014. Leur attribution continuera de se faire sur une base trimestrielle.

Le Département fédéral de justice et police (DFJP) procèdera aux modifications nécessaires de l’OASA d’ici à la fin de novembre. Il soumettra ensuite son projet au Conseil fédéral pour décision.

Pour plus d’informations cliquez ici.

Crimes fiscaux et blanchiment d’argent – Le nouveau cheval de bataille du GAFI

Déjà très fortement mis à mal par la reprise de l’article 26 MC-OCDE dans les nouvelles CDI négociées par la Suisse, par l’abandon de la distinction entre évasion et fraude fiscale ainsi que par la divulgation des 4000 noms de clients UBS au fisc américain, le secret bancaire helvétique risque d’être définitivement mort et enterré dans les prochains mois suite à la nouvelle proposition fracassante du GAFI.

 

Le Groupe d’action financière (GAFI), dont le secrétariat est rattaché administrativement à l’OCDE, vient en effet d’établir un avant-projet prévoyant de qualifier les crimes fiscaux (Tax Crimes) d’infraction préalable au blanchiment d’argent. En clair, si une telle proposition devait aboutir, cela signifierait que toute personne qui aurait accepté en dépôt, aidé à transférer ou géré des fonds en sachant ou en devant présumer que ceux-ci provenaient d’infractions fiscales risquerait de se voir poursuivi pour blanchiment d’argent au sens de l’article 305bis CP. Les intermédiaires financiers, auraient quant à eux l’obligation d’annoncer systématiquement les soupçons d’infractions fiscales au Bureau de communication en matière de blanchiment d’argent (MROS).

 

Bien qu’aucune décision formelle n’ait encore été prise, il a tout lieu de penser que l’assemblée plénière du GAFI adoptera cette proposition fin 2011, dans le cadre de sa révision partielle de ses standards en vue du quatrième cycle des évaluations mutuelles qui devrait commencer en 2013. Sur fond de crise financière, la pression internationale et notamment celle des pays du G20 est en effet grande. Car, il ne faut point s’y tromper, cette proposition ne vise pas à combattre le crime organisé. Il ne s’agit là que d’un pur prétexte. Au nom de la lutte contre le blanchiment d’argent, on vise en réalité à renflouer les caisses des Etats en transformant les banques et autres intermédiaires financiers en agents du fisc pour l’étranger. Ainsi, plus besoin de débourser des millions pour acheter des CD de données volées !

 

Cette criminalisation du monde économique n’est toutefois ni souhaitable, ni justifiée : Si l’on peut admettre que les canaux employés pour recycler des capitaux sont souvent les mêmes que ceux utilisés pour dissimuler de l’argent au fisc, la similarité entre délit fiscaux et blanchiment d’argent s’arrête là.

 

Le blanchiment d’argent consiste à réintroduire dans le circuit économique des fonds d’origine criminelle par des procédés faisant perdre la trace de l’argent.

 

Or, dans le cadre de fonds soustraits au fisc, ceux-ci ont clairement une origine légale (revenu, fortune, succession, donation etc.). Il ne s’agit pas d’occulter des valeurs patrimoniales illicites en leur conférant une apparente justification légale, mais d’éviter la mainmise des autorités fiscales sur des fonds ayant une provenance légale. Il apparait dès lors douteux que l’on puisse blanchir de l’argent provenant d’infractions fiscales.

 

Par ailleurs, en Suisse, seuls les crimes, soit les infractions passibles d’une peine privative de liberté de plus de trois ans, sont susceptibles de constituer des infractions préalables au délit de blanchiment d’argent. En conséquence, si la proposition du GAFI abouti, il conviendra d’ériger les délits fiscaux en crime. Or, la gravité de ceux-ci, en particulier l’évasion fiscale est sans commune mesure avec celle des autres infractions susceptibles de recyclage. Il y a là une véritable disproportion à mettre sur un même pied d’égalité le blanchiment d’argent provenant de crimes fiscaux et celui provenant du trafic de drogue, du terrorisme ou de la prostitution.

 

Quoi qu’il en soit, la mise en œuvre de cette proposition, risque de soulever d’importantes difficultés.

 

Tout d’abord, il conviendra de déterminer ce que l’on entend par « crimes fiscaux ». Le GAFI à cet égard, à volontairement renoncé à définir plus précisément cette notion – hormis le fait que tant les impôts directs qu’indirects seront visés – laissant le soin à chaque pays de décider en conformité avec son droit interne ce qu’il entend par ces termes. Que décidera donc la Suisse ? Fixera-t-elle des montants limites de soustraction au-delà desquelles on considérera qu’il s’agit de crimes ou édictera-t-elle un catalogue d’infractions ? L’évasion fiscale en fera-t-il partie et cas échéant, où sera la frontière entre planification fiscale, pratique légale, et évasion. D’après l’Ambassadeur Alexandre Karrer en charge du dossier de la Suisse auprès du GAFI « les crimes fiscaux doivent absolument être réservés à des infractions d’une extrême gravité comme des falsifications comptables ou des détournements de fonds ». On peut toutefois douter que la Suisse résiste face à la pression internationale et il y a des chances pour que l’évasion fiscale soit considérée comme infraction préalable au blanchiment d’argent.

 

L’adoption de la nouvelle règlementation posera également des problèmes en terme d’investigation : Pratiquement, comment un intermédiaire financier pourra-t-il s’assurer que les fonds reçus de son client ont été déclarés au fisc ? Conviendra-t-il de faire signer au client un formulaire type ou faudra-t-il solliciter du fisc étranger une attestation de déclaration d’avoirs, en sachant que les déclarations fiscales ne sont généralement émises que plusieurs années après l’acquisition des revenus. De même, comment un intermédiaire financier pourra-il mener les enquêtes nécessaires s’agissant de fonds transmis de générations en générations ?

 

Autant de questions qui n’ont à l’heure actuelle aucune réponse.

 

Sur le plan organisationnel, il conviendra dans tous les cas d’engager et de former un nombre important de collaborateurs et ce tant au niveau des autorités que des intermédiaires financiers. Cette mesure engendrera d’importants coûts supplémentaires qui seront directement répercutés sur le client. A cet égard, la compétitivité de la place financière helvétique risque d’être mise à mal car, à la différence de certains pays, la Suisse veut toujours faire figure de bon élève et il n’y a nul doute qu’elle appliquera rigoureusement cette nouvelle réglementation.

 

On la vu, il n’est ni justifié, ni souhaitable de soumettre les infractions fiscales aux articles 305bis et 305ter CP ainsi qu’à la LBA. La nouvelle proposition du GAFI vise uniquement à permettre l’acquisition de ressources par le fisc étranger et non à lutter contre le crime organisé. Pire encore, le risque d’affaiblir le système de lutte contre le blanchiment d’argent et le financement du terrorisme est grand au vu du raz-de-marée de communications au MROS qui risque de se produire. Par ailleurs, au delà des coûts engendrés, cette proposition est extrêmement compliquée à mettre en œuvre en particulier pour les intermédiaires financiers qui ne dispose que de moyens d’investigation limités pour exercer leurs devoirs de diligence.

 

Au final, il existe d’autres solutions efficaces pour lutter activement contre les fraudeurs du fisc. La Suisse a d’ailleurs d’ores et déjà pris de telles mesures en accordant l’entraide non seulement en cas de fraude mais également d’évasion fiscale. Par ailleurs, la mise en place d’un impôt libératoire à la source (projet « Rubik »), actuellement discuté avec l’Allemagne et l’Angleterre, permettrait de résoudre définitivement le problème tout en sauvegardant le secret bancaire suisse. Il convient dès lors de privilégier cette approche plutôt que d’utiliser abusivement le système de lutte contre le blanchiment d’argent et le financement du terrorisme.