I trust entreranno prossimamente a far parte del paesaggio svizzero?

Swiss Trusts: quali sono i problemi?

I trust saranno integrati nella legislazione nazionale Svizzera?

La Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati, seguendo l’esempio dell’analoga Commissione del Consiglio nazionale, ha deciso a fine aprile di depositare una mozione di commissione per incaricare il governo di preparare un progetto per introdurre i trust nella legislazione nazionale svizzera.

Ricordiamo che un trust è un rapporto giuridico che si origina quando, sulla base di un documento di costituzione (il trust deed), il disponente (settlor) trasferisce dei valori patrimoniali determinati a una o più persone (i trustee), le quali hanno l’obbligo di gestirle e di utilizzarle per uno scopo prefissato dal settlor in favore di uno o più terzi (i beneficiari).

Contrariamente all’entusiasmo mostrato da coloro che vedono nel trust un modo di aumentare le attrattive della piazza finanziaria svizzera, dal canto nostro esprimiamo diverse riserve.

Innanzitutto la Svizzera non è un paese basato sulla common law e non lo sarà mai. Anche se nel diritto svizzero esiste la nozione di «fiducie», questa non è assolutamente comparabile al trust, se non altro perché il trust non è un rapporto di natura contrattuale!

Difatti il nostro Codice civile ignora la distinzione tra legal ed equitable ownership. Sarebbe quindi opportuno riformare preventivamente i nostri diritti reali prima di inglobare il concetto di trust nella legislazione nazionale. Tutte le autorità di civil law che si sono prestate a questo gioco non sono mai realmente riuscite a imporre questo tipo di struttura. È vero anche il contrario: la fondazione, istituto caratteristico della civil law, non è mai stata accolta nei paesi anglosassoni.

D’altra parte le trust companies (società fiduciarie) non hanno aspettato l’elaborazione di un diritto dei trust in Svizzera per stabilirsi nel nostro paese. Difatti, la presenza di tanti trustee nel nostro paese si spiega con tre ragioni ben precise:

  • Innanzitutto, fino ad oggi la regolamentazione di questa attività è pressoché inesistente di fronte a giurisdizioni come quella di Singapore o delle isole Cayman, dove una licenza può costare fino a 100.000 dollari USA all’anno. In Svizzera non c’è bisogno di autorizzazioni o di qualifiche particolari per essere trustee e neanche di garanzie finanziarie (assicurazione, fondi propri, ecc.) Le società fiduciarie sono sottoposte unicamente alla regolamentazione sulla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Tuttavia questa dovrebbe cambiare radicalmente con l’entrata in vigore della nuova LSFin/LEFin (legge sui servizi finanziari e sugli istituti finanziari);
  • Inoltre, contrariamente a paesi come il Regno Unito, i trustee non sono sottoposti all’imposta sul reddito e sui beni del trust, il che semplifica notevolmente le cose;
  • Infine, la Svizzera è una piazza finanziaria riconosciuta a livello mondiale in cui i clienti possono depositare e gestire i beni del loro trust (banche, gestori di patrimonio, ecc.) in totale serenità.

In virtù di tutto ciò, è perfettamente lecito avere un trustee situato in Svizzera anche se il trust stesso è sottoposto a una legislazione straniera. Non è l’adozione di una legislazione locale sui trust che attirerà da noi un numero maggiore di strutture di questo tipo.

La Svizzera potrà inoltre offrire al settlor la stessa flessibilità della legislazione delle Bahamas, delle isole Cayman o delle isole Cook, in particolare per quanto riguarda la tutela contro i creditori o dal punto di vista successorio? Difatti è chiaro che se una volta il trust era lo strumento di pianificazione fiscale per eccellenza, oggi si tratta di un vero e proprio strumento successorio e di tutela contro i creditori nell’ambito di attività aperte al rischio (matrimonio compreso). Ma con i meccanismi – rigidi e profondamente radicati nella nostra tradizione giuridica – delle porzioni legittime, della liquidazione dei regimi matrimoniali e della revoca per fallimento, è lecito dubitare che il legislatore svizzero accetterà di creare un’enorme breccia in materia di trust solo per aggiungere attrattive alla nostra piazza finanziaria. È quindi lecito domandarsi a cosa servirà tale regolamentazione.

Per quanto riguarda l’argomento secondo cui una nuova regolamentazione sui trust permetterebbe di offrire al cliente una giurisdizione sperimentata, esso non regge visto che questo istituto esiste in paesi come il Regno Unito, Singapore, la Nuova Zelanda o gli Stati Uniti.

D’altra parte, per quanto riguarda l’ambito fiscale, anche se esiste una circolare della Conferenza Svizzera delle Imposte (CSI) che affronta la questione dell’imposizione dei trust in Svizzera, si deve riconoscere che l’amministrazione fiscale sia federale che cantonale accorda pochissima considerazione a questo istituto poiché, salvo eccezioni, il trust è tuttora considerato trasparente e soggetto all’imposizione nella persona del settlor o dei beneficiari.

Bisogna poi notare che occorreranno moltissimi anni affinché i tribunali elaborino una giurisprudenza esaustiva ed affidabile a questo merito.

Infine sarà necessario riformare il diritto svizzero delle fondazioni, poiché attualmente, oltre alle fondazioni di  pubblica utilità, le fondazioni di famiglia possono servire unicamente al pagamento delle spese di istruzione, di sistemazione e di assistenza a membri della famiglia. Ammettere nella legislazione nazionale solo i trust a scopo benefico non porterebbe nessuna novità degna di nota, visto che il regime attuale delle fondazioni di beneficenza permette di svolgere questo compito in maniera del tutto soddisfacente.

Per tutte queste ragioni pensiamo che a meno di rivoluzionare il diritto dei trust, l’inglobamento di questo istituto nel nostro ordine giuridico rischia di creare soprattutto confusione ed instabilità. Un riconoscimento dei trust stranieri, come avviene attualmente in Svizzera con la ratifica della Convenzione dell’Aia, avvenuta nel 2007, ci sembra sufficiente.

Verso la soppressione delle azioni al portatore in Svizzera

Mercoledì 17 gennaio il Consiglio federale ha aperto una consultazione che durerà fino al 24 aprile 2018 al fine di sopprimere le azioni al portatore delle società anonime svizzere non quotate in borsa. Se un progetto di questo tipo dovesse entrare in vigore (verrà discusso in Parlamento nell’autunno 2018), le azioni al portatore esistenti verrebbero convertite per legge in azioni nominative. Le società sarebbero tenute ad adattare i propri statuti entro un termine massimo di due anni dopo l’entrata in vigore della nuova normativa.

Inoltre, se il progetto verrà approvato, le società terranno una lista degli aventi economicamente diritto delle azioni delle società (cognome, nome e indirizzo). Qualsiasi infrazione di notifica da parte dell’azionista o nella tenuta del registro da parte della società sarà oggetto di sanzioni penali (novità). Un azionista, un creditore o l’ufficiale del registro del commercio potrà inoltre rivolgersi al giudice affinché tale lacuna dell’organizzazione della società venga colmata.

La soppressione delle azioni al portatore rappresenterà, se verrà accettata, una piccola rivoluzione in Svizzera. Il nostro paese si conformerebbe ad altre piazze finanziarie come il Regno Unito, Singapore, Hong Kong o gli Stati Uniti. Tuttavia non bisogna ingannarsi: questo cambiamento non risulta da una volontà interna della Svizzera, ma dalla pressione internazionale esercitata dal Forum mondiale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali, il quale sembra considerare ogni essere umano un criminale potenziale. La Svizzera intende adattare la sua legislazione al fine di essere giudicata positivamente (evitando quindi di ricevere sanzioni) nel prossimo esame da parte dei Pari che inizierà nel secondo semestre 2018.

Da un punto di vista giuridico, bisogna notare che le nuove disposizioni introdotte il 1° luglio 2015 dalla legge GAFI hanno portato a una notevole convergenza tra le azioni al portatore e le azioni nominative, al punto che le caratteristiche essenziali di queste due categorie di titoli di credito sono quasi identiche dal punto di vista dell’anonimato e del trasferimento. Per cui l’abolizione formale delle azioni al portatore prevista nel progetto non cambierà in modo sostanziale i diritti e gli obblighi degli azionisti.

Difatti, secondo la legislazione in vigore, chiunque acquisisca delle azioni al portatore è tenuto ad annunciare tale acquisizione alla società interessata entro un termine massimo di un mese. L’acquirente deve comunicare il proprio cognome e nome (in caso di persona fisica) o la propria ragione sociale (in caso di persona giuridica) e il proprio indirizzo.

L’identità dell’avente economicamente diritto delle azioni deve inoltre essere comunicata se la partecipazione raggiunge la quota del 25% del capitale azionario o dei diritti di voto in seguito all’acquisizione.

L’acquirente deve identificarsi per mezzo di un documento ufficiale d’identità provvisto di fotografia (passaporto, carta d’identità o patente di guida) oppure di un estratto del registro del commercio. Viene inoltre richiesto un documento che attesti l’acquisizione del titolo.

In caso di omissione e finché questi obblighi non sono adempiuti, l’azionista non può esercitare né i diritti sociali (per esempio il diritto di voto) né quelli patrimoniali (versamento dei dividendi) legati a tali azioni.

Secondo il nuovo progetto, i detentori di azioni al portatore che non si siano identificati presso la società come previsto dalle suddette norme dovranno riparare a tale omissione entro un termine di 18 mesi a partire dall’entrata in vigore della legge affinché venga effettuata la conversione delle azioni. Se le informazioni non verranno comunicate entro questo termine, essi perderanno definitivamente i loro diritti sulle azioni al portatore e queste verranno annullate. Il consiglio di amministrazione emetterà quindi delle azioni proprie della società per sostituirle. Queste saranno liberate per mezzo dei conferimenti acquisiti dalla società in seguito all’annullamento. Successivamente la società potrà disporre liberamente delle nuove azioni (vendita, distribuzione agli azionisti, annullamento e riduzione del capitale azionario, conservazione, ecc.).

Il progetto prevede inoltre che le società anonime (ma anche le imprese individuali, le società di persone, le altre persone giuridiche e le succursali) siano tenute a disporre di un conto bancario in Svizzera se esse raggiungono un fatturato di almeno 100.000 franchi nel corso dell’ultimo esercizio. Lo scopo è costringere le società a ricadere sotto la legislazione svizzera contro il riciclaggio di denaro, dal momento che le banche sono tenute a verificare l’identità della controparte e dell’avente economicamente diritto.

Oltre che dalle autorità, i registri delle società (registro degli azionisti e degli aventi economicamente diritto) potranno essere consultati dagli intermediari finanziari al fine di ottemperare ai loro obblighi legali. Attualmente l’idea di creare un registro centrale elettronico dei proprietari di azioni nominative non è stata accolta.

Infine i procuratori incaricati di rappresentare le succursali svizzere di società aventi la loro sede principale all’estero dovranno poter accedere alle informazioni relative agli azionisti della sede principale all’estero e agli aventi economicamente diritto, e dovranno poter trasmettere tali informazioni alle autorità e agli intermediari finanziari. Tuttavia, quest’obbligo è solo una semplice prescrizione d’ordine e non è prevista nessuna sanzione, ma l’impossibilità di fornire tutte queste informazioni rischia di spingere gli intermediari finanziari a rifiutare la relazione d’affari.

Come abbiamo notato, questa modifica legislativa non dovrebbe portare grandi cambiamenti in Svizzera sul piano del diritto societario. L’impatto è soprattutto psicologico, visto che il diritto in materia di società anonima risale al 1936! Quindi non possiamo che rammaricarci di fronte a questi continui diktat imposti da organismi sovranazionali. D’altra parte ci si può chiedere se queste misure siano veramente efficaci. Il vero criminale non avrà scrupoli a fabbricare un documento falso e a usare un prestanome come proprietario delle sue azioni. Non sarà certo la minaccia di una multa a dissuaderlo.

In ogni caso, non è mai stato così difficile per la società “anonima” conservare il proprio nome!

Nuovi obblighi di dichiarazione per i valori mobiliari a partire dal 2018.

La Legge federale sulle infrastrutture del mercato finanziario (RS 958.1, LInFi), entrata in vigore all’inizio del 2016, obbligherà a partire dal gennaio 2018 i partecipanti (commercianti di valori mobiliari, partecipanti esteri autorizzati dalla FINMA, ecc.) ammessi a una sede di negoziazione a comunicare tutte le informazioni necessarie alla trasparenza della negoziazione dei valori mobiliari.

Si noti che obblighi simili esistono già o saranno completati (a seconda del tipo di contropartita) per i derivati OTC e ET. Questo argomento non sarà trattato in questa sede.

Le sedi di negoziazione (concretamente le borse (SIX Swiss Exchange, la BX Berne eXchange) e i sistemi multilaterali di negoziazione) dovranno poter sorvegliare in modo esteso la formazione dei corsi e le transazioni effettuate al loro interno per poter reperire lo sfruttamento di informazioni privilegiate, le manipolazioni dei corsi e del mercato nonché altre violazioni di disposizioni legali e normative. In caso di sospettata infrazione verranno informate la FINMA ed eventualmente le altre autorità di perseguimento penale.

I commercianti di valori mobiliari non ammessi ad una sede di negoziazione saranno sottomessi alle medesime regole di trasparenza e di comunicazione (articolo 15 comma 2 della Legge federale sulle borse (LBVM; RS 954.1)).

L’obbligo di dichiarazione si applicherà a tutte le transazioni di un partecipante (acquisto, vendita, ecc.), effettuate per proprio conto o per conto di un cliente, relative a valori mobiliari.

In particolare dovranno essere dichiarati:

    • la designazione e il numero dei valori mobiliari acquistati o venduti;
    • il volume, la data e l’ora della conclusione dell’operazione;
    • il corso;
    • le informazioni necessarie che permettono di identificare il titolare economico (novità!).

La nozione di titolare economico sarà la stessa di quella usata nell’ambito della lotta contro il riciclaggio di denaro.

Tuttavia le persone morali che esercitano un’attività operativa, le fondazioni e gli investimenti collettivi di capitali verranno identificati per mezzo del loro «Legal Entity Identifier» (LEI), normalizzato in ambito internazionale. In assenza del LEI sarà possibile dichiarare il BIC (business identifier code) o il numero del registro di commercio preceduto dal codice del paese. Nel caso di trust sarà necessario dichiarare il trustee.

Per le persone fisiche l’identificazione si farà attraverso la dichiarazione della nazionalità (per mezzo di un codice paese), la data di nascita e un codice confidenziale interno del partecipante. In tal modo il cognome e il nome della persona interessata non verranno comunicati.

Il principale indice del SIX Swiss Exchange è lo SMI (valori mobiliari)

Da notare tuttavia che la procedura non sarà la stessa quando si tratta di operazioni effettuate sul mercato europeo (compreso il caso delle persone residenti in Svizzera). Difatti MiFID II/MiFIR impone che le cinque prime lettere del nome e del cognome siano comunicate alle autorità (codice CONCAT). Tuttavia una dichiarazione di cifre come quelle del numero di passaporto, del numero identificativo personale o del numero di previdenza sociale è possibile ed è stata adottata da numerosi paesi dell’UE che non usano il codice CONCAT.

Scambio automatico di informazioni e autodenuncia in Svizzera

In una presa di posizione del 13 settembre 2017, l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) ha fatto sapere che non accetterà più le autodenunce inviate a partire dal 30 settembre 2018 relative ad elementi fiscali oggetto di scambio automatico di informazioni.

L’AFC ritiene che i dati fiscali ottenuti attraverso lo scambio automatico di informazioni verranno portati a conoscenza delle autorità al più tardi in tale data e che, di conseguenza, se il contribuente fa la denuncia successivamente a tale data è perché sa che le autorità sono già al corrente della sua situazione fiscale irregolare.

Se lo scambio di informazioni prende inizio dopo il 2017, questa regola si applicherà per analogia a partire dal 30 settembre dell’anno durante il quale lo scambio di dati avrà luogo per la prima volta.

Questa decisione non riguarda gli altri casi; il termine ultimo per effettuare un’autodenuncia è quindi indeterminato (per esempio, nel caso di autodenuncia di un contribuente residente in Svizzera e titolare di un conto bancario nel paese. Difatti lo scambio automatico di informazioni fiscali non si effettua a livello interno).

Ricordiamo che la procedura di autodenuncia permette al contribuente che abbia omesso di dichiarare alcuni elementi relativi ai propri redditi o ai propri beni di correggere la propria situazione fiscale senza multe né procedimento penale (ma verranno applicati interessi di ritardo). Questa procedura si applica inoltre agli eredi e riguarda sia le imposte cantonali e comunali che l’imposta federale diretta.

Le seguenti condizioni devono essere soddisfatte:

  • La dichiarazione deve essere spontanea ed effettuata per la prima volta;
  • Nessuna autorità fiscale era a conoscenza della sottrazione;
  • Il contribuente offre al fisco piena collaborazione per la determinazione dell’importo del ricupero d’imposta;
  • Il contribuente si adopera seriamente per pagare l’imposta dovuta.

Il riepilogo degli elementi sottratti è stabilito sugli ultimi 10 anni (per esempio se la dichiarazione interviene nel 2017, il ricupero d’imposta riguarderà i periodi fiscali dal 2007 al 2016).

Quando si tratta di eredi (che possono agire indipendentemente gli uni dagli altri), il ricupero d’imposta è calcolato solo sui tre periodi fiscali che precedono l’anno del decesso, il che rende la procedura molto vantaggiosa.

Questo ricupero semplificato è escluso in caso di liquidazione d’ufficio della successione o di liquidazione della successione in via fallimentare.

Ad ogni ulteriore autodenuncia la multa è ridotta a un quinto dell’imposta sottratta a condizione che siano soddisfatte le suddette condizioni.

Qualora l’AFC scoprisse una sottrazione di imposta non segnalata con autodenuncia, il contribuente rischia:

  • un supplemento di imposta sui 10 ultimi anni maggiorato da interessi di mora,
  • una multa che può variare da 1/3 a 3 volte l’importo sottratto,
  • un procedimento penale.

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CROCE & Associés SA assiste i privati nelle procedure di regolarizzazione fiscale. La pratica fa l’oggetto di studio preliminare in collaborazione con i diversi interlocutori (banche, fiduciarie, notai, ecc…). Un preventivo dei costi legati alla dichiarazione spontanea è presentata al cliente in modo che questi possa prendere la sua decisione.